Impegno
antiautoritario o pantomima Marx-Leninista? Il
movimento degli studenti a una
svolta
Quello che segue è salvo errori il più remoto
scritto a firma di Giulio Ercolessi
comparso su un organo di stampa, fatta eccezione per testi meramente
ciclostilati e per un articolo sull’edilizia scolastica
comparso in un
numero precedente dello stesso periodico. Si tratta di un intervento
pubblicato nel numero 3 di
“Proposta”,
mensile della sinistra liberale triestina redatto da
Lucio Susmel, Giorgio Spangher, Roberto Rizzarelli e Giulio Ercolessi
per alcuni mesi nel
1970
(mancano indicazioni di data più precise).
L’articolo riprende con qualche integrazione e variante un
ciclostilato del febbraio 1969.
Dopo
più di un anno di stasi e di
riflusso le agitazioni studentesche sono risorte a nuova vita in molte
città
italiane, ed anche in sede locale se ne sono avuti vistosi esempi. Ma
nonostante questa ripresa, è sempre aperta la crisi che
travaglia dalla nascita
il movimento degli studenti. Nata come spontanea rivolta libertaria
contro le
incrostazioni di autoritarismo proprie delle strutture scolastiche e
universitarie, la rivolta giovanile ha perso le pressoché
universali adesioni
che sembrava in un primo momento aver raccolto, nel momento in cui,
proprio a
causa dell’impreparazione del suo nucleo dirigente, non ha
saputo elaborare un
discorso politico autonomo ed originale, ma è stata
imbrigliata in schemi
mentali sclerotizzati di tipo marxista leninista legati ad analisi ed a
situazioni ipotetiche affatto diverse dalle attuali. Se era ovvio che
da una
critica dell’autoritarismo a livello scolastico ed
universitario si giungesse
ad una globale analisi in termini anti-autoritari della
società, rinunciare ad
un’azione per una radicale ristrutturazione della scuola per
esaurirsi nella
ricerca paralizzante dell’unità di azione con una
classe operaia a torto
ritenuta identificabile con il proletariato rivoluzionario analizzato
nei sacri
testi, non poteva significare altro che autoemarginarsi da ogni
incidenza
politica. Inoltre ad incanalare la rivolta giovanile nella morta gora
del
determinismo marxista contribuiva, molto più che la pur
accorta politica dei
partiti di estrema sinistra, l’ambiguo atteggiamento delle
forze politiche
democratiche, oscillanti fra stupidi ossequi verbali ed inconsulti
scatti
repressivi; l’affermarsi dell’estremismo di
sinistra trovava inoltre il suo
inevitabile e penoso corollario in una recrudescenza del teppismo
neofascista.
Di qui la perdita di credibilità di fronte alla propria
stessa base, e la fase
di riflusso e la crisi del movimento studentesco.
Ma a risvegliare gli animi dormienti provvedono il ministro della P.I. e la politica scolastica del governo. Che un tale ministro, allo scopo di «allontanare la tensione creatasi in molti istituti» (sic), si senta in dovere di istituire, oltre ad un «consiglio di genitori», un «consiglio di studenti» con il compito di proporre attività di carattere culturale, artistico, ricreativo e sportivo (sic) ad un «comitato scuola famiglia», costituito da sette insegnanti, sette genitori e un solo studente, atteggiandosi per di più a munifico protettore dei diritti degli studenti per avere riconosciuto loro il diritto di tenere le proprie assemblee, che era già stato riconosciuto, con le stesse limitazioni, da un suo predecessore, è sì un fatto che può apparire grottesco, ma è indicativo dell’assoluta insensibilità e della mancanza più assoluta di senso comune che da anni caratterizza in Italia la politica scolastica.
Se
gli studenti sapranno
riconoscersi forza politica e, portando avanti un discorso globale
sulla
società contemporanea, sapranno concretarlo in
un’azione autonoma nell’ambito
scolastico rifuggendo da ogni impostazione sindacale o corporativa,
come in
molti casi è accaduto nelle agitazioni di Trieste, tuttora
in corso mentre
andiamo in macchina, essi potranno costituire forse
l’incisiva forza
progressista che potrà valere da «coscienza
critica del sistema» in un paese
sempre più decisamente avviato verso la palude della
repubblica conciliare.
Da Proposta, Anno I n. 3, Trieste 1970.
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