Precisazioni
e rettifiche
Come
è noto,
le informazioni pubblicate in Internet non sono necessariamente
soggette ad
alcuna verifica di veridicità. Anche quando manca la
volontà consapevole di
dare informazioni false, la superficialità e la mancanza di
verifiche rendono
frequente la presenza di informazioni imprecise o false. Per di
più, notizie
pubblicate su quotidiani o settimanali, che un tempo erano destinate a
durare
non più di un giorno o di una settimana, spesso, riversate
in Internet anche a
distanza di anni, vi restano oggi reperibili a tempo indeterminato, e
magari
acquistano un rilievo molto superiore alle intenzioni
originarie di chi le
ha inserite, per effetto delle gerarchie spesso arbitrarie stabilite
fra le
notizie personali archiviate dai motori di ricerca. Di seguito un
elenco di
informazioni false o imprecise, saltuariamente reperibili in Internet e
concernenti Giulio Ercolessi (e da ultimo anche due imprecisioni a lui
dovute). Dato il carattere stesso di Internet è ovvio che
questo
elenco non può, per definizione, pretendere di essere
esaustivo.
1)
Secondo
quanto tuttora riportato dal
sito Internet del Partito radicale in una pagina relativa alla
cronologia degli
eventi riguardanti il partito nel 1976, che riprendeva una
notizia errata
pubblicata all’epoca da “Notizie
radicali”, poi riprodotta
metastaticamente anche in numerosi altri siti facenti capo al Pr,
Giulio
Ercolessi, assieme all’allora segretario
dell’associazione radicale di
Pordenone Mario Pujatti, avrebbe subito una “lieve”
condanna penale al termine
di un processo tenutosi davanti al Pretore di Pordenone il 20 marzo di
quell’anno, per il reato di “colletta o questua
pubblica” non autorizzata,
previsto e punito dall’art. 156 del T.U. delle leggi di
Pubblica Sicurezza del
1931, norma palesemente incostituzionale se riferita anche alle
collette
riguardanti il finanziamento delle attività politiche, ma
all’epoca ancora in
vigore. La notizia è comunque del tutto priva di fondamento:
in quel
procedimento Giulio Ercolessi non era affatto accusato di
“colletta o questua
pubblica”, ma di avere “preso la parola nel corso
di una manifestazione non
autorizzata” (art. 18 T.U.P.S.), imputazione da cui fu
peraltro definitivamente
assolto già in primo grado per insussistenza del fatto,
così come il Pujatti fu
assolto dall’imputazione di avere organizzato tale
manifestazione, dato che
essa non era mai stata vietata. Fu Pujatti, nella sua veste di
organizzatore,
ad essere effettivamente condannato in primo grado, sia per la
colletta, sia
per “mescita non autorizzata di bevande alcoliche”
(vino e birra offerti in un
improvvisato buffet): imputazioni da cui fu poi assolto nei gradi
successivi di
giudizio, dato che, essendosi svolte nell’ambito di una manifestazione
politica, si trattava con ogni evidenza di attività
inerenti all’esercizio di libertà costituzionali.
2)
Alle
molte controversie interne al
Partito radicale intervenute a partire dal 1974 fra la leadership
nazionale e
Giulio Ercolessi, se ne aggiunse una sorta in occasione delle elezioni
politiche del 1979 e dell’alleanza proposta in
quell’occasione da Pannella a
Trieste con il movimento localista
della “Lista per
Trieste”:
proposta
avversata da Giulio Ercolessi e respinta da due successive assemblee
del
Partito radicale a Trieste, ma imposta ciononostante da Pannella e
dalla
segreteria nazionale. A seguito di tali controversie, il leader
radicale
affermò in seguito, in più occasioni nel corso
dei mesi e anni successivi, che
l’elezione di Giulio Ercolessi a consigliere comunale nelle
elezioni
amministrative dell’anno precedente sarebbe stata dovuta ad
un suo subentro
avvenuto grazie alle dimissioni, decise a livello centrale, dei
deputati radicali
anch’essi candidati a
quelle elezioni nella lista del partito. Qualche registrazione di
discorsi di
Pannella contenenti tale affermazione è tuttora reperibile
nel sito Internet
della Radio Radicale. L’affermazione è falsa. La
lista presentata dal Partito
radicale alle elezioni comunali triestine del 1978 si apriva con i nomi
di
tutti i quattro deputati radicali eletti in quella legislatura
(nell’ordine di presentazione
della lista, si trattava di Emma Bonino, Marco Pannella, Adele Faccio e
Mauro
Mellini); a questi seguivano Giulio Ercolessi, Gianni Pecol Cominotto
e, a
seguire, gli altri candidati triestini in ordine alfabetico. La lista
radicale
ottenne tre seggi e i risultati elettorali delle preferenze furono i
seguenti:
Pannella (n. 2 della lista) 3051, Bonino (capolista) 1227, Ercolessi
(n. 5
della lista) 787, Faccio (n. 3) 735, Mellini (n. 4) 316, Pecol
Cominotto (n. 6)
196. A seguito della rinuncia di Bonino, Faccio e Mellini, fu quindi
Pecol
Cominotto a subentrare fin dalla prima seduta del Consiglio fra i tre
eletti,
non Ercolessi, già eletto direttamente.
3)
Nel
2000, prendendo lo spunto
dal coming out come bisessuale del ministro Pecoraro Scanio, il
settimanale
Panorama (del tutto casualmente, in una fase di scontro politico fra
Pannella e
l’editore del settimanale Berlusconi) aveva pubblicato un
articolo dedicato
alla vita sessuale del leader radicale e ai rapporti che questa avrebbe
avuto
con le scelte politiche del partito, firmato dalla giornalista
Antonella
Piperno, articolo che coinvolgeva del tutto a sproposito, assieme ad
altri ex
segretari nazionali ed esponenti del Partito radicale, anche Giulio
Ercolessi.
A seguito della querela presentata da quest’ultimo, la
giornalista e il
direttore di Panorama venivano rinviati a giudizio davanti alla terza
sezione
penale del Tribunale di Milano il 20 maggio 2004, rispettivamente per
diffamazione aggravata e per omesso controllo. Nel corso
dell’udienza tenutasi
in tale data, veniva resa da parte della difesa degli imputati la
seguente
dichiarazione, poi riportata anche nel sito Internet del settimanale:
«Panorama
rappresenta che la notizia data in merito alle ragioni della elezione,
nel
1973, di Giulio Ercolessi a segretario nazionale del Partito radicale,
ove
interpretata come attribuente l’elezione stessa a motivi di
carattere
personale, è destituita di ogni fondamento e non corrisponde
al pensiero del
giornalista». A
fronte di questa dichiarazione e di
un congruo risarcimento pecuniario da parte dell’editore di
Panorama, la
querela veniva ritirata.
4)
Nel
corso dell’intervento
tenuto il 28
ottobre 2007, nella tavola rotonda
conclusiva del convegno di Pallanza “Una vita per la
libertà. Ernesto Rossi
(1897-1967)”, Giulio Ercolessi ha
erroneamente attribuito alla
giunta di centrosinistra subentrata a quella di destra alla
guida del
Comune di Arezzo la decisione di non revocare
l’intitolazione al movimento
sanfedista del “Viva Maria”, responsabile dello
sterminio della comunità
ebraica di Siena, di una delle piazze più centrali della
città, intitolazione
decisa dall’amministrazione precedente. In effetti, sia pure
dopo molte
incertezze, la giunta guidata da Giuseppe Fanfani si era risolta pochi
mesi
prima a modificare nuovamente la denominazione della piazza
(prudentemente, con
la nuova intitolazione alla “Madonna del Conforto”,
che era oggetto di
particolare devozione da parte dei seguaci del “Viva
Maria”).
5) Nell’articolo di Giulio Ercolessi “Da Cicciolina al Savoia l’era dei candidati-oggetto”, pubblicato il 29 aprile 2009 dal quotidiano “Il Secolo XIX”, era contenuta un’imprecisione relativa all’accenno alle conseguenze dell’elezione a deputata di Ilona Staller nel 1987 (elezione non prevista né tanto meno programmata dalla leadership radicale che pure l’aveva candidata): a rimanere escluso dal Parlamento, dopo il vorticoso e abituale gioco di opzioni fra candidati eletti in più di un collegio, non fu in quell’occasione Francesco Rutelli, che pure fu, come si leggeva nell’articolo, scavalcato nelle preferenze dalla Staller nella circoscrizione di Roma, ma il segretario nazionale radicale dell’epoca, che non era Rutelli ma Giovanni Negri.